Tornano al Teatro Stehler dal 26 al 29 aprile gli allievi della Scuola dell’Accademia Teatro alla Scala

Dal 26 al 29 aprile 2018 gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala tornano sul palcoscenico del Teatro Strehler per il consueto spettacolo istituzionale che quest’anno prevede l’interpretazione di alcuni dei capolavori della coreografia contemporanea, firmati da Roland Petit, Angelin Preljocaj e Maurice Béjart.

Dopo il Défilé iniziale sulle note della Marcia dall’Atto II del Tannhäuser di Richard Wagner, in cui sfileranno tutti gli allievi della Scuola in base all’anno di corso frequentato, il programma dello spettacolo si apre con l’esecuzione di Gymnopédie di Roland Petit, creato dal grande coreografo francese per il balletto Nazionale di Marsiglia sugli omonimi tre pezzi per pianoforte di Erik Satie. Gymnopédie nacque inizialmente per Ma Pavlova, del 1986, e venne poi sviluppato per Tout Satie, spettacolo – o dance concert, come lo chiamava Petit, – in un solo atto, del 1988.

Segue un balletto in cui musica barocca e musica elettronica si confrontano e dialogano fra passato e presente: si tratta de La Stravaganza di Angelin Preljocaj, ideato dal coreografo franco-albanese nel 1997 per il Diamond Project del New York State Theater, portato al Teatro alla Scala in prima nazionale nel 2005 e interpretato per la prima volta dagli allievi scaligeri nel 2016.

Il balletto, pensato per sei coppie di danzatori, si apre con tre coppie in costume moderno che di fronte a un fondale nero danzano sulle note di Vivaldi. Improvvisamente il fondale diventa una tela vermiglia davanti a cui irrompono altre tre coppie, in costumi baroccheggianti, che iniziano a danzare su musiche di autori americani contemporanei (Ficarra, Morand, Normandeau, Parmerud), dalla forte matrice elettronica. Stili e musiche diverse che si alternano, due culture lontane ciascuna con una precisa identità, che progressivamente si mescolano e si fondono, dando vita a una danza finale d’insieme.

Nota lo stesso Preljocaj: “La Stravaganza nasce senza un tema preciso. Ma … poiché sono figlio d‘immigrati, New York ha sempre rappresentato per me un mito, un simbolo dell’immigrazione come partenza, come viaggio volto a costruire qualcosa di nuovo. […] L’idea era quella di mostrare un’ambiguità del passato che ritorna, di persone che tornano dalla polvere e recano il nuovo. Una porosità di linguaggi. […] All’inizio de La Stravaganza una ragazzina dice «Mi ricordo», quindi la pièce comincia. Vi è un’irruzione del passato nel futuro. Come se il tempo fosse un ciclo, un’eternità”.