Si è conclusa ieri sera la due giorni dedicata ai “Miti del Rock” al Teatro Nuovo di Milano, iniziata con Joe Ontario, che ha dato vita a Elvis Presley, ripercorrendo le intramontabili note del suo repertorio, che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del rock.
Per altre informazioni sui due eventi vi rimandiamo al nostro precedente articolo di presentazione.
La serata del 15 gennaio 2020 è stata un appuntamento con il sound del blues, del rhythm and blues/soul, dell’hard rock e della psicadelia, grazie alla formazione artistica “The Jimi Hendrix Revolution” schierata sul palco del Nuovo, che è riuscita in pieno, se mai ci fossero stati dubbi, nell’impresa di coinvolgere il pubblico presente. Il frontman Andrea Cervetto con le sue chitarre è riuscito a raccontare in musica il miglior chitarrista di tutti i tempi, il mitico Jimi Hendrix.
Impresa non semplice, si potrebbe pensare presuntuosa, ma è meglio dire coraggiosa; si! Perchè per fare ciò bisogna avere una ottima consapevolezza dei propri mezzi, una dedizione allo studio, un enorme musicalità, un’ottima band accanto e, vi sembrerà assurdo, una grande umiltà. Gli ingredienti ci sono tutti, ed in primis è doveroso citare i “soci” artistici che hanno partecipato a questo trionfo musicale.
In primis, i rollanti ed i piatti venivano accarezzati dai delicati, solo a volte, polsi del batterista Alex Polifrone che, a parer mio, ha avuto il compito di accendere il concerto con la sua performence e poi farsi da parte musicalmente parlando, per lasciare spazio allo spettacolo degli assoli di chitarra, voce e basso. Alex, ha accompagnato lo spettacolo non solo con le sue bacchette, ma anche con la voce, infatti spesso faceva i cori in terza insieme al bassista Fausto Ciapica. Altro “lavoraccio” quello del sound dettato dalle quattro corde del basso, egregiamente svolto dal più giovane del gruppo, che faceva trasparire inequivocabilmente quanto la band si diverta insieme ed ha fatto da collante tra la batteria e la chitarra.
Spettacolo pensato, costruito e messo in scena ad hoc; a partire dall’introduzione, passando per la narrazione curata da un professionista di livello come Giancarlo Berardi, citando però anche il dettagliato lavoro di luci ed effetti scenici operato dallo staff tecnico, attento e mai scontato, per chiudere in bellezza con la creazione in scena del ritratto di Jimi Hendrix, eseguito con destrezza visionaria da Franco Ori. Ho notato una particolarissima aritmia scenica, voluta e non sempre facile da vivere per gli artisti, che è stata scandita dalla chiarezza, fascino e pacatezza della voce, dalla tranquillità dell’arte figurativa dettata dai colori poggiati o lanciati sulla tela e, dulcis in fundo, da quel piacevole irriverente rock creato dai “ragazzacci” agli strumenti e alla voce.