‘Io, Ludwig Van Beethoven’ – nel salotto del Teatro Litta fino al 25 ottobre 2020

Uno spettacolo di Corrado d’Elia che ha ricercato nella vita del compositore dei tasselli fondamentali che meglio rendono l’idea del genio musicale che tutti noi conosciamo.

Per altre info sullo spettacolo, orari e prezzi, vedi il nostro precedente articolo.

RECENSIONE
Le sensazioni, i profumi e le emozioni vissute da uno dei grandi e più conosciuti compositori sono intimi e lontani ricordi difficili da rivivere e da immaginare: è un distante da noi, esattamente 250 anni dalla nascita del compositore viennese. Corrado d’Elia invece ha scritto ed interpretato un testo che regala, nel presente, le vivide emozioni sensoriali delle immagini, dei profumi, dei contrasti, delle difficoltà del genio Ludwig Van Beethoven, uno dei più grandi compositori che la storia della musica classica ci ha regalato. Un viaggio sensoriale che l’attore milanese dona al pubblico del Teatro Litta, fino al 25 di ottobre.

Si può definire la magia del teatro nella magia della musica. Si, perché Corrado dà dimostrazione con i suoi tecnicismi teatrali, mai esuberanti o fuori contesto, di come un solo attore in scena, con qualche gioco di luce e una buona storia da raccontare, possa stimolare i sensi degli spettatori al tal punto che ogni sua parola, espressione, cambio di intonazione e persino minimo movimento di un dito, possano disegnare la tela di uno spettacolo, ma soprattutto far vedere quello che ognuno del pubblico vuol vedere. Uno spettacolo dove le parole sono comuni a tutti, mentre la musica è forse la migliore di sempre e le immagini puoi disegnarle tu, comodamente seduto sulle poltrone del Litta.

Questo spettacolo è per chi ama utilizzare la fantasia e conoscere approfonditamente le affascinanti vicissitudini del grande maestro. E’ anche per chi ami lasciare spazio ai propri intimi pensieri e godere di una bipolarità mentale che non è travolgente, nè tantomeno indotta, ma naturale e conseguenziale ai toni vocali usati da Corrado, attraverso i suoi gesti e le splendide note tra le più conosciute opere musicali del compositore.

La narrazione dell’attore milanese è di energizzante coinvolgimento, come  del resto ci ha abituati in altri suoi spettacoli. Corrado d’Elia sa bene come narrare e pacatamente proporre le sue personali sensazioni: in un batter di ciglia ci trasporta a sentire la sofferenza per l’ancora piccolo pianista, sfruttato dal padre per le sue doti eccellenti già nella tenera età. Poi ci si ritrova a vivere le intense emozioni suscitate nei periodi successivi: quando vagando per le corti d’Europa Beethoven avrebbe voluto che la sua musica rimanesse libera e non avesse padrone;  quando percepiva il suo carattere burbero e solitario del periodo di maggior successo; quando soffriva per la tragica perdita dell’udito; quando viveva nell’aggrovigliato e difficile momento, durato dieci anni, prima della creazione della Nona sinfonia.

Insomma, Corrado d’Elia si diverte ad emozionarsi ed emozionare vivendo in pieno la sua sceneggiatura e questo traspare, non dai suoi virtuosismi tecnici ma, da come domina le parole, con le sue sensazioni ed i suoi gesti, che arrivano prima del suono della sua curata e ben utilizzata voce.

Come un pittore lascia correre il pennello sulla tela, guidato dalla mano immaginaria dell’ispirazione, Corrado vive le parole prima di enunciarle, così emoziona “pericolosamente” il pubblico che, come lui, vive l’intensità delle vibrazioni provenienti dal palco.

Particolarmente toccante il momento in cui racconta della sofferenza che un vero artista come Beethowen ha dovuto vivere, quella solitudine che provoca dolore e rende libero solo quando l’applauso si libera a favore della propria creazione, quella sofferenza dei numeri uno, a volte costretti alla volontaria devozione verso la creazione a favore dell’arte, che a volte deprime, a volte fa sognare, ma sempre regala gioia.

Foto di Angelo Redaelli