Teatro Carcano: emozioni, miste a rabbia, ricordando Falcone e la sua scorta, ma la Mafia ha ruggito?

Ieri sera 19 maggio presso il Teatro Carcano, di Milano, nell’ambito delle celebrazioni per il trentennale della strage di Capaci, l’Associazione Scorta Falcone e Nidodiragno/CMC, in collaborazione con il Teatro Carcano, ha organizzato un evento per ricordare le vittime di una strage che ha lasciato una macchia indelebile nella storia del nostro Paese ma che nello stesso tempo ha posto le basi per  diffondere la cultura della legalità, soprattutto tra i più giovani.

La cosa, oggi è talmente vera che, già alla stazione metropolitana “Crocetta” della linea gialla, si notava un fermento di giovani, insolito per quell’ora, i quali si dirigevano tutti verso il noto e storico teatro milanese, dove il marciapiede antistante ed il foyer erano gremiti di gente, tra cui, piacevolmente, tantissimi giovani, in attesa di entrare

Lo spettacolo Capaci, 30 anni dopo, evento ad ingresso gratuito ma per il quale era necessaria la prenotazione, altro non è che testimonianza diretta dei tre agenti di scortapresenti insieme sul palco per la prima volta in assoluto. Loro tre con l’ausilio di immagini e video dell’epoca, e la lettura di alcuni documenti dell’archivio antimafia, a cura dell’attrice Laura Curino, tra i maggiori interpreti del teatro di narrazione in Italia,  hanno raccontato i fatti di quel periodo.

Luciano Tirindelli, affiancato dal capo scorta Giuseppe Sammarco e il poliziotto Anselmo Lo Presti, hanno portato avanti da anni un lavoro sulla memoria di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei valorosi colleghi della “Quarto Savona 15”, questo il nome in codice della scorta assegnata a Giovanni Falcone, e assassinata, insieme al Magistrato e a sua moglie, il 23 maggio del 1992 a Capaci – Palermo.

Lungo tutta la serata si sono susseguiti momenti di emozioni, talvolta miste a rabbia e consapevolezza di impotenza se non quella di unirsi  agli scopi dell’Associazione “Scorta Giovanni Falcone” affinchè la voce di questi tre “testimoni” raggiunga le coscienze civili di chiunque voglia fare suo il progetto del magistrato Giovanni Falcone e la sua scorta, che hanno dato la loro vita per il bene dello Stato.

Questi testimoni che insieme erano sul palco, non rappresentano degli eroi e mai loro si sono qualificati o sentiti tali, ma sono semplicemente strumenti  che vogliono far vibrare ed amplificare quello che successe quel  23 maggio del 1992 a Capaci – Palermo, nel territorio dell’Isola della Femmine, splendido luogo bagnato dal mar Tirreno dai tramonti mozzzafiato.

Chi scrive ha vissuto, in prima persona, il post evento di quel drammatico fatto che cambiò la coscienza civile dei palermitani prima, ma poi del Paese intero e, sicuramemte ha trasformato la percezione dell’opinione mondiale  sul fenomeno Mafia e di conseguenza sull’Italia, che prima di allora, veniva spesso definita come Pizza, Mafia e Mandolino.

No, la coscienza civile italiana non è questa.

Palermo, possiamo testimoniare,  in quei giorni era attonita e frastornata ma sono state tante le voci percepite sulle strade, nei bar nei mercati, mezzi pubblici, di chi timidamente,  e chi a voce alta, cominciò a dire NO alla Mafia. Questo è stato il vero miracolo nato dal sangue innocente di quei servitori dello Stato per i quali ancora tuona la voce della vedova Schifani, la quale rivolgendosi alla folla che gremiva la cattedrale di Palermo disse:
Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani Vito mio battezzata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato lo Stato… chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, però, se avete il coraggio… di cambiare… loro non cambiano [pausa, il sacerdote al fianco di Rosaria Schifani suggerisce: «se avete il coraggio…»] di cambiare, di cambiare, loro non vogliono cambiare loro [applauso].
Loro non cambiano, loro non cambiano… No…

La Mafia da allora ha iniziato a cambiare pelle e strategia, trasferendosi dal Sud al Nord dell’Italia e attraversando perfino le Alpi; ha iniziato a indossare giacca e cravatta  e, abbandonando la storica lupara e le successive evoluzioni di essa, ha cominciato a mettere piedi in altri panni, nei palazzi del potere, della finanza e dovunque vi siano interessi economici, allungando, come una piovra le sue braccia per avviluppare sotto varie forme noi tutti, che abbiamo solo una possibilità per staccarci da questa morsa mortale: alzare la voce.

Il potere della Mafia si fonda sulla paura e l’omertà. Se si alza la voce la paura si dissolve e con essa il potere di questa essenza velenosa.

Milano, nell’epoca del sindaco G. Pisapia, figlio di un valido magisgtrato e giurista, istituì una commissione antimafia a cui capo volle il prof. Nando Dalla Chiesa, figlio del generale  Carlo Alberto Dalla Chiesa, altra vittima sacrificata dallo Stato per la causa di “Cosa Nostra”.

Ieri sera però sul palco del Carcano non è salito nessun sindaco, nessun  assessore e l’unico rappresentante del Comune, un componente la commissione,  invitato alla fine dell’emozionante percorso, a salire con altri sul palco, prendendo la parola si è dimenticato di portare i saluti del Sindaco: ci piace pensare sia accaduto così, perchè il viceversa sarebbe grave e non vogliano neppure ipotizzarlo. A tutti i presenti  avrebbe fatto piacere e avrebbe fatto bene alla città che, in un evento come questo,  il nostro sindaco parlasse, così come due giorni fa aveva fatto Nando Dalla Chiesa nella piccola ma gremita Sala A come A del Franco Parenti di Milano, dove è andato in scena un altro spettacolo che ricordava i fatti drammatici di Palermo di quel 1992.

Voi siete sicuri che dentro il teatro Carcano ieri sera, così come era accaduto nel Duomo di Palermo,  non vi fosse la Mafia?

Noi crediamo che se si fosse fatto silenzio, dopo quel fiume di applausi spontanei e meritati, tributati ai tre servitori dello Stato, oggi testimoni viventi che hanno il compito di trasmettere alle nuove generazioni tutto l’orrore di quei giorni, nel silenzio si sarebbe sentito il grido rabbioso della “bestia” a cui la coscienza civile lì riunita stava tagliando ancora qualche braccio.

Tutti noi, abbiamo il compito di parlare alle nuove generazioni, perchè mai si possa ripetere quello che accadde in quegli anni, perchè il rischio che le braccia della piovra si riformino è reale. Dunque sempre vigili, perchè non sappiano nè dove nè quando si potrà ancora concretizzare e prendere vita, ma se sapremo scorgerla in tempo la renderemo inoffensiva.

Viva l’Italia quella vera, fatta di uomini e donne che parlano a voce alta ed alzano la testa.