‘Magnifica Presenza’ al teatro Manzoni di Milano: incanta e ammalia, tra musica e illusione – recensione

Seconda opera del regista cinematografico Ferzan Ozpetek prestato al teatro, dopo il debutto di Mine Vaganti nel 2022.  Spettacolo in scena fino al 22 dicembre al Manzoni di Milano.

Altre info sullo spettacolo, date, orari e prezzi sul nostro articolo di presentazione.

RECENSIONE
La sinossi è presto detta: Pietro ha un sogno grande, quello di diventare un attore. Con la speranza di incontrare l’occasione della vita, il giovane si trasferisce a Roma e comincia a lavorare in un panificio. Dopo aver passato un breve periodo in casa della cugina Maria, il ragazzo affitta un appartamento da solo e presto si rende conto di esser andato a vivere in una casa infestata dai fantasmi.

Lo spettacolo si apre su un salone di una vecchia casa, appunto: la casa, quindi, si trasforma in un luogo misterioso dove la vita e la morte si intrecciano. Il regista, attraverso simboli e metafore, ci porta a esplorare le profondità dell’animo umano, toccando temi come la memoria, il rimpianto e la speranza di redenzione. I personaggi, in attesa di una persona cara, sono sospesi tra due mondi e legati da un forte legame, come un’ancora in un mare di dubbi.


Il cast è davvero importante.
Lea, è interpretata dalla magnetica Serra Yilmaz, la cui presenza soffusa riempie la scena con un soffio di fiato e con quell’accento inconfondibile. Musa e realtà. Maria è affidata alla versatile Tosca D’Aquino, la cui interpretazione è dirompente e divertente e rispecchia a pieno la sua personalità. Pietro, portato in scena dal carismatico Erik Tonelli che riesce intimamente a concedersi a quest’avventura molto particolare sul palco. Il resto del cast fa il resto, creando un gruppo corale invidiabile, tipica delle opere del regista: Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina Agrippina, Sara Bosi e Fabio Zarrella.

Dal mio modesto parere, però, l’opera non riesce a tenere il ritmo e il paragone con il film. Se l’atmosfera in generale è mantenuta, la delicatezza e la malinconica allegria vengono rispettate, nel complesso l’andatura è un po’ fiacca. Manca quella magia che l’immagine cinematografica restituisce nei film iconici che tutti noi conosciamo. L’adattamento teatrale rimane un po’ più in superficie e non affonda il coltello nello stomaco.


Le scenografie di Luigi Ferrigno, i costumi di Monica Gaetani e le luci curate da Pasquale Mari (due dei quali avevano già lavorato con il regista proprio nella prima opera), creano l’atmosfera giusta, un ambiente mistico ma allo stesso tempo pieno di emozioni.

L’ultima scena è sicuramente quella più “ozpetekiana”, quella che ti attendi e che riconosci alla fine di ogni suo film.

Le musiche, le luci e l’interpretazione del protagonista sono in linea con le più alte aspettative e sorridi commosso perché finalmente sei dentro lo spettacolo anche tu, perché la tua anima è stata rapita.