Lazarus incanta Milano: l’eredità di David Bowie prende vita al Teatro Arcimboldi

Milano si lascia incantare da Lazarus, il musical-evento, che avevamo già annunciato, e sta facendo vibrare il Teatro Arcimboldi con la forza visionaria dell’arte di David Bowie. In scena solo fino al 1° giugno 2025, questo straordinario spettacolo – diretto da Valter Malosti – ha debuttato il 28 maggio e si è subito imposto come uno degli appuntamenti imperdibili della stagione teatrale milanese.

Emozionante e surreale, Lazarus non è solo un omaggio al Duca Bianco, ma una vera e propria immersione nel suo universo, tra note struggenti, atmosfere oniriche e personaggi sospesi tra sogno e realtà. A interpretare il protagonista tormentato, un magnetico Manuel Agnelli, affiancato dalla sorprendente Casadilego in un ruolo che ne conferma il talento fuori dal comune.

RECENSIONE DELLO SPETTACOLO
Se è vero che l’eredità è lasciare qualcosa di proprio per chi resta e per chi verrà, Lazarus (ultima opera scritta da David Bowie, insieme a Enda Walsh) rappresenta quella eredità che David Bowie ha messo ha disposizione di chi ha colto il suo modus enigmatico, il suo vivere come chi è arrivato da lontano: inserito in un contesto universale, in un pianeta che non gli appartiene e che lo vede come “originale” e “controcorrente”. Manuel Agnelli, interprete principale della presenza teatrale, nel ruolo di Thomas Jerome Newton, coglie l’essenzialità di questo personaggio e ne rinnova il mal di vita… Lì dove è rimasto Newton de “L’uomo che cadde sulla Terra” (film del 1976), interpretato dallo stesso  Bowie, annegato nell’alcool e morto nella delusione di non aver potuto salvare il suo pianeta dall’imminente siccità,  troviamo Newton/Lazarus. Come dice il nome, risorto, ripreso nello stesso dramma esistenziale di un ricco scienziato che vive ai bordi della società, perseguitato dai ricordi di un amore fallito, di una casa irraggiungibile dove poter tornare e delle vicende che hanno interrotto il suo genio di scienziato, lasciando il vuoto che distingue la sua vita. Agnelli presenta il suo personaggio sulle note dell’opening track omonima Lazarus, lento e struggente, esordio di ciò che verrà raccontato.


Qui, la regia di Valter Malosti , la scenografia di Nicolas D’Ambra e le luci di Cesare Accetta hanno giocato un ruolo essenziale  nell’utilizzo di schermi disposti in modo irregolare sul palcoscenico: partendo da Elvis Presley, sulle note di Black Star, è uno scorrere veloce di immagini che fanno rivivere scorci di vita realmente vissuti, pensieri confusi, sogni irrealizzati…. E Newton  guarda, seduto su una poltrona, con un bicchiere di gin in mano (compagno fedele di ogni ora del giorno), alla ricerca di merendine che possano appagare quel buco di dolcezza che sente. Eco costante dell’alieno de “l’uomo che cadde sulla Terra”, che ripassa i suoi sentimenti davanti a un televisore. In entrambi domina la confusione interiore, lo scatenarsi di un dualismo emotivo tra scienza e tecnologia da una parte e follia ed emarginazione dall’altra…

Tutto gira attorno al nulla, aiutato da una pedana rotante, sul quale si trovano la poltrona/rifugio di Newton moribondo che non riesce a morire, una tastiera più soprammobile che strumento, un carrello di servizio e poco altro. La metafora nasce spontanea, presentando la chiusura attorno al nulla di questa vita rinchiusa. Ai lati, due scalinate per accogliere i musicisti che, dal vivo, accompagnano questo musical, colonna sonora di un repertorio di vari brani composti e cantati da David Bowie, compresi alcuni inediti.


Lo spazio è occupato da molte donne, alcune come collante tra i vari momenti narrati, quali cantanti di un coro delle tragedie greche
; altre più partecipanti alla vita di Newton. Tra queste, Elly (Camilla Nigro), assistente di Newton, incompresa dal marito e irrealizzata nella vita. E’ innamorata dello scienziato, della sua apatica follia, del suo genio inespresso; non è corrisposta, malgrado tenti di piacergli in ogni modo, anche tingendosi i capelli di blu ed emulando l’amore di un tempo del protagonista, Mary Lou. Spettacolare la versione cantata di Changes, quando la donna da inizio alla sua trasformazione… nulla avrebbe potuto essere più rappresentativo.

Spicca la figura di una ragazza misteriosa (voce potente di Casadilego), che nessun altro vede: non ricorda nulla di sé, ma sa tutto di lui, Newton; l’uomo/alieno si aggrappa a lei per rivivere ricordi; le chiede il racconto di un bel momento trascorso con la sua famiglia… emerge uno stralcio di condivisione con la figlia: è pathos e amore; desiderio di rincorrere una speranza di poter tornare da dove è venuto, costruendo un razzo spaziale. La speranza cambia di ruolo: tutto ritorna smaltato di dolore. Non sarà lui a essere liberato da questa trappola di vita da un fiore giovanile ingenuo, quanto potente… Newton in una immagine tremenda proiettata sullo schermo concluderà la morte incompleta della ragazza, uccidendo lei e l’interiore di se stesso nell’unico barlume di luce e vita che lei aveva portato.


Questo è il focus:
un profondo senso di solitudine e di isolamento, prodotto dalla consapevolezza di essere diverso, l’invecchiamento (Newton non invecchia mai), la perdita dell’amore, l’orrore del mondo, la psicosi del successo, tutti temi molto cari a David Bowie, sia ne “l’uomo che cadde sulla Terra” che in “Lazarus”, che nella vita reale. L’interpretazione di Agnelli di brani come Heroes, trasmette la ricerca di una identità e di una fuga da tutto ciò che il mondo nega. E intanto tutto va avanti … dagli scontri tra Elly e il compagno, alle vicende parallele tra le componenti del coro.

Molto forte il personaggio di Valentine (Dario Battaglia), un mix del diavolo, di Joker e un fumetto: nelle allucinazioni di Newton, è invadente, aggressivo, violento… tanto da rendersi reale e distruttivo sia dei sogni che dei personaggi.

Ancora una volta, l’ambiguità muove passi pesanti nell’opera teatrale; ne delinea tratti essenziali e ne sottolinea la presenza addirittura fisica nel quotidiano sia terrestre che alieno. In questo, il duca bianco ha colpito nel segno di una umanità troppo spesso posizionata tra essere e avere come forme e scelte di vita.

Lazarus, diretto da Malosti, è arte visiva, teatro, danza, tecnologia, in una visione a 360° dell’arte contemporanea, fatta anche di lavatrici e costumi giapponesi. E’ un girotondo di emozioni, a volte difficile da ricevere per l’originalità della rappresentazione, ma che costituiscono una vera costruzione di passaggi fantastici e reali, nei quali ogni singolo personaggio trova una sua dimensione e una prospettiva.

Come in ogni forma d’arte non vi è una sola lettura possibile, pertanto non vi rimane che vedere questo spettacolo per la vostra reale interpretazione capace di guardare oltre.