Con Italia, Amore mio edito da Battello Stampatore, Gianfranco Jannuzzo firma il secondo capitolo del suo percorso fotografico dopo “Gente mia“, trasformando un’antica passione in un vero e proprio atlante sentimentale del Bel Paese. I due libri sono il frutto di quarant’anni di scatti su pellicola, iniziati nel 1972‑73 quando, con i risparmi da liceale, acquistò una Yashica FR‑1: da allora la macchina fotografica è diventata il suo diario, fedele compagna durante tournée teatrali e viaggi privati.
Dalla “piccola patria” alla mappa dell’Italia
Se “Gente mia” era una dichiarazione d’amore alla “piccola patria” agrigentina, Italia, Amore mio, che ha ottenuto il patrocinio dell’Università Popolare di Trieste, allarga lo sguardo: l’obiettivo non è più il genius loci siciliano, ma la straordinaria diversità nazionale. L’opera La continuità è evidente: lo stesso bianco‑e‑nero rigoroso, la stessa preferenza per il 50 mm, la stessa ricerca di “foto concesse, non rubate” che caratterizzava già il precedente libro Gente mia (Medinova, 2021).

LA DIFFERENZA
La differenza tra Italia, Amore mio e il precedente lavoro fotografico di Gianfranco Jannuzzo risiede innanzitutto nella scala narrativa e nella densità umana ed emotiva delle immagini. Gente Mia (80 immagini circa) era un omaggio affettuoso e circoscritto alla sua terra natale, e apriva lo sguardo alla dimensione della convivenza e del cambiamento sociale, con Italia, Amore Mio (oltre 150 immagini) l’artista compone un vero e proprio affresco corale del Paese, toccandone con delicatezza le infinite sfumature.

Nel nuovo lavoro, ogni fotografia si fa tassello di un mosaico vivo e mutevole, costruito su frammenti autentici: i dialetti che si intrecciano nelle piazze, i gesti antichi e quotidiani che resistono al tempo, le sagre di paese dove si celebra l’identità collettiva, le processioni che mischiano devozione e teatralità popolare. C’è l’Italia metropolitana e quella dei borghi, quella affollata e quella deserta, quella festosa e quella che porta i segni della fatica.
Negli scatti di turiste che si concedono un attimo di leggerezza gustando un gelato o che si riposano in aeroporto durante un viaggio estivo, Jannuzzo coglie un’umanità plurale e conviviale, ma anche carica di tensioni e contraddizioni. Sono immagini che raccontano un Paese che accoglie ma anche esclude, che danza tra apertura e nostalgia, in cui convivono integrazione e solitudine.

Non mancano le istantanee di quotidianità: un anziano che mangia una pizza insieme al figlio o l’artigiano che sorride felice di essere stato sorpreso nella fatica del suo lavoro. Sono volti segnati dal tempo che parlano senza bisogno di parole. Ogni scatto è attraversato da quella “ironia empatica” che è cifra stilistica dell’attore sul palcoscenico e che si ritrova, intatta, anche dietro l’obiettivo. Non si tratta mai di sguardi rubati con distacco, ma di incontri, di momenti sospesi che Jannuzzo riesce a rendere universali proprio perché li avvicina con partecipazione e rispetto.

È un’Italia “libera, accogliente e festosa”, come lui stesso la definisce, ma anche fragile, sfibrata da disuguaglianze e marginalità, che però non rinuncia mai alla speranza, all’umanità, alla bellezza nascosta nei dettagli. Il bianco e nero – rigoroso, poetico, mai retorico – amplifica questa complessità, sospendendo ogni scatto in un tempo senza tempo, che ci invita a osservare più a fondo, a pensare, a ricordare chi siamo.

Una costruzione cronologica trasparente
L’editing, curato con Fabrizio Somma, procede per blocchi temporali:
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1973‑1989 – Gli esordi analogici, tra Roma e Agrigento: i negativi conservano una grana lirica e nostalgica.
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1990‑2009 – Gli anni di tournée: volti e piazze fotografati nell’intervallo fra la prova luci e il sipario.
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2010‑2025 – L’Italia “globale”: incroci di culture, scatti rubati nei non‑luoghi (stazioni, aeroporti) e nei borghi dell’interno.
Questa scansione rende leggibile l’evoluzione dello sguardo; al lettore sembra di sfogliare un diario che si fa via via più corale.
Il bianco e nero come scelta etica

Jannuzzo continua a sviluppare e stampare personalmente le pellicole, rivendicando la lentezza dell’analogico come atto di resistenza all’iper‑produzione digitale. Il bianco‑e‑nero, oltre a eliminare la distrazione cromatica, obbliga a interrogarsi sulla struttura dell’immagine: «ti costringe a capire cosa ami davvero», ripete spesso l’autore. Qui la scelta diventa anche un trait d’union con i maestri dichiarati – Robert Frank ed Elliott Erwitt – e con il taglio ironico‑umanista tipico del suo teatro.

Ponti con il palcoscenico
Il libro intreccia fotografie e brevi testi. Due sono firmati dallo stesso Jannuzzo: uno dedicato al maestro e amico Gigi Proietti, l’altro è un autoritratto in forma di ricordo; gli altri interventi (Somma, Francesca Martinelli, Marisa Ulcigrai) ampliano la lettura sociologica dell’opera. Questo dialogo parola‑immagine ricorda la costruzione drammaturgica di Girgenti Amore mio, in cui il racconto orale si alternava a proiezioni e intermezzi comici. Anche qui, la voce dell’attore‑narratore guida lo spettatore‑lettore.
La “naturale evoluzione” sta quindi nel passaggio dalla riflessione intima sulla propria terra alla restituzione di un’identità collettiva fatta di contrasti e ricchezze.
Punti di forza della nuova raccolta
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Scansione narrativa: l’ordine cronologico aiuta a percepire l’Italia che cambia – dal boom turistico degli anni ’80 alla società multietnica di oggi.
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Empatia dello sguardo: i soggetti si lasciano fotografare volentieri; dietro c’è la «simpatia che genera lo sguardo» dell’attore.
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Coerenza formale: pellicola, sviluppo artigianale, stampa su carta baritata – scelte che conferiscono omogeneità all’intero corpus.
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Testi d’autore: i contributi critici impreziosiscono la lettura senza sovrapporsi alle immagini.

Qualche riserva
Chi cerca un apparato didascalico dettagliato potrebbe trovare scarna la leggenda delle foto: Jannuzzo predilige il racconto emotivo alla catalogazione topografica. Inoltre, la scelta esclusiva del bianco‑e‑nero, se da una parte nobilita l’immagine, dall’altra sacrifica i cromatismi di certo folklore italiano: è una rinuncia consapevole, ma non tutti i lettori la condivideranno.
Dopo questo sguardo d’insieme su libro fotografico Italia, Amore mio possiamo affermare che è la sintesi di un percorso artistico in cui teatro e fotografia si fondono in un unico linguaggio. Se in “Gente mia” l’autore chiudeva idealmente il cerchio delle origini, qui spalanca la porta su un’Italia plurale e vitale, invitando il pubblico ad accorgersi della “meraviglia quotidiana” che spesso diamo per scontata. Un volume che, come un buon spettacolo, fa ridere, commuovere e – soprattutto – guardare meglio ciò che abbiamo intorno.
“Italia, Amore mio” non è solo un libro fotografico: è un viaggio emozionante dentro l’anima del nostro Paese, raccontato con sensibilità, ironia e profondo amore. Un’opera da sfogliare, da vivere, da regalare. Perché riconoscersi in queste immagini è, in fondo, un modo per amare di più l’Italia e noi stessi.
Non dimentichiamo però che Jannuzzo, oltre che essere un appassionato fotografo è anche un bravissimo ed eclettico attore e in questi panni, dal 14 al 26 ottobre 20245 sarà al Teatro Manzoni di Milano con lo spettacolo “Fata Morgana”, dove, come sempre sarà accolto con l’entusiasmo dal suo affezionato pubblico milanese.
Italia, Amore Mio
di Gianfranco Jannuzzo
a cura di Fabrizio Somma
Edizione Battello Stampatore
Copertina rigida
Prezzo euro 28.50
ISBN 9791282031042
Pag. 180
Sebastiano Di Mauro nasce ad Acireale (CT) nel 1954 dove ha vissuto fino a circa 18 anni. Dopo si trasferisce, per brevi periodi, prima a Roma, poi a Piacenza e infine a Milano dove vive, ininterrottamente dal 1974. Ha lavorato per lunghi anni alle dipendenze dello Stato. Nel 2006, per strane coincidenze, decide di dedicarsi al giornalismo online occupandosi prima di una redazione a Como e successivamente a Milano e Genova, coordinando diverse redazioni nazionali. Attualmente ha l’incarico di caporedattore di questa testata e coordina anche le altre testate del Gruppo MWG e i vari collaboratori sul territorio nazionale.