C’è un filo sottile che unisce le parole, la musica e le immagini: è quel filo che intreccia sogni, ricordi e visioni nel nuovo spettacolo In mezzo a un milione di rane e farfalle, tratto dall’omonimo libro di Concita De Gregorio con le illustrazioni di Beatrice Alemagna. Un racconto che prende corpo sul palcoscenico come un diario emotivo in cui la voce dell’autrice si fonde con quella della cantautrice Erica Mou, in un dialogo di suoni e sentimenti che attraversa il tempo e la memoria.
COME LO ABBIAMO VISTO NOI
“Un teatro così grande, eppure mi sono sentita in una stanza raccolta, con tante persone e con i miei e i loro ricordi”… Questo ha detto Concita De Gregorio, mentre autografava i libri che hanno dato origine allo spettacolo: “In mezzo a un milione di rane e di farfalle. Dove vanno le cose perdute”, scritto dalla stessa De Gregorio, con le illustrazioni realizzate da Beatrice Alemagna.
Ed è stato così per tutti, spettatori compresi: un mondo rinchiuso in un quaderno di oggetti smarriti, il luogo dove custodire tutto quello che ci manca. Quella scatola disposta sulla mensola alta dell’armadio, nella quale sono contenuti piccoli frammenti di vita.
Ma non si tratta solo di oggetti; spesso ci mancano le persone, gli animali, che si assentano per poco tempo o per lunghi periodi… oppure scompaiono per sempre. E allora, “se non sono venuti loro, andiamo noi”, pescando nei ricordi e nelle condivisioni. Riportiamo in vita, in presenza coloro che mancano, a volte soffrendo come un tempo, altre volte gioendo di quel sentimento frizzante che scatta nella memoria, riavvolgendo la pellicola della nostra vita.
Ognuno di noi ha un vecchio fidanzato nella memoria, una tata, un cane, un gatto (chissà se esiste un paradiso per loro?), un pupazzo che ci rievocano tempi passati…. Carpe diem! Così direbbe Silvia, perché “le cose belle durano cinque anni”. Cogliamo il giorno per provare tutto ciò che il cuore ci manifesta davanti a un mazzo di fiori o nell’abbraccio della mamma o del suo piede che ci raggiunge nel letto o nel piacere/dispiacere della solitudine, addolcita dal nostro silenzio che parla a bassa voce. E poi… apriamo quel quaderno e mettiamo lì il nostro tesoro.
Sul palcoscenico Concita De Gregorio, narrante e la cantautrice Erica Mou, con la chitarra e con una voce che abbatte l’indifferenza. Entrambe vestite di bianco, sedute, presenti in modo preciso. Non sono sole: scorrono, alle loro spalle, le illustrazioni di Beatrice Alemagna. Il contesto è pronto: i nostri sensi possono essere stimolati in tutti i modi per percepire la profondità di ricordi. Quello che l’udito non coglie nella narrazione, è ripreso in modo elegante dalle immagini, un linguaggio dei segni immediato e toccante… arriva la chitarra e la voce che l’accompagna: azzurro, un’ora sola ti vorrei, melodie mediterranee chiudono le nostre sensazioni in un tutt’uno di ricordi condivisi. Anche il gusto passa dal cuore, dopo aver mangiato il brodo fatto con la gallina che sembrava la più bella e tenera da coccolare.

Ci sono tutti: la bambina che non può parlare in pubblico nella lingua catalana durante il regime di Franco, sentendo la mancanza delle sue origini; la sorella di un piccolo fratellino, capace di “rubare” le attenzioni che prima le dedicava il papà; l’amichetta di bambini arrivati e poi partiti; l’amico mai richiamato; la ragazza che non può girare nuda per casa perché la bambina non esiste più, è arrivata la ragazza, quasi donna che dovrà fare i conti con gli altri.
E’ un messaggio lineare che conduce nelle stanze dei ricordi per viverli, trasformarli e renderli perenni. Le rane e le farfalle non sono scelte a caso: c’è chi salta , come le rane, e oltrepassa il confine tra sogno e realtà, tra ricordo passato e vita presente, consapevole però della riva da cui è partito il salto: nulla si lascia se non per scelta.

Le farfalle volano sopra al passato, al presente e, se possono, al futuro, cercano quei particolari e quei segni di riconoscimento che le possano ricondurre al luogo che le ha viste spiccare il volo.
Questo spettacolo non solo scatena grandi emozioni ma conduce alla riflessione, quasi esistenziale, di come far rivivere ciò/chi ci manca dando valore ai ricordi e alla memoria.
