Simon Boccanegra: quinto appuntamento del ciclo ‘Prima delle prime’ Stagione 2017/2018

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Lunedì 5 febbraio 2018 ore 18 al Teatro alla Scala – Ridotto dei palchi “A. Toscanini” nel quinto appuntanento di Amici della Scala per la Stagione 2017/2018, si parlerà di Simon Boccanegra, un’opera a lungo dimenticata e ora amatissima, ritorna nella stessa produzione – regia di  Federico Tiezzi – che aveva trovato nella guida musicale di Myung-Whun Chung una rinnovata spinta artistica. Si sa: l’opera non ebbe un debutto felice nel 1857 alla Fenice di Venezia, fu applaudita poco dopo a Napoli e fischiata alla Scala nel 1859, poi il silenzio. “Credevo di aver fatto qualcosa di possibile, ma pare che mi sia ingannato, vedremo in seguito chi abbia torto.” Così scriveva Verdi alla contessa Maffei dopo l’insuccesso veneziano. No, Verdi non s’ingannava. Certamente qualcosa nell’edizione del 1857 non convinceva: era un’opera tutta avvolta nel buio, “un’opera al nero”. Forse Verdi stesso ne riconosceva gli squilibri, ma forse soprattutto si stava facendo forte in lui il proposito di uscire dagli schemi preesistenti, dalle forme gloriose (Rigoletto, Trovatore, Traviata), insomma di voltare pagina, di rinnovare. Il libretto, abbozzato dal compositore che si era ispirato a un dramma di A. Garcia Gutiérrez, era stato poi affidato a Francesco Maria Piave per la versificazione.

A far uscire l’opera dai forzieri Ricordi fu certamente determinante Giulio Ricordi, editore illuminato che propose a Verdi una collaborazione con Arrigo Boito. Verdi dapprima rifiutò: “È un tavolo zoppo.” Ma già pensava a una soluzione. “Bisogna trovare qualcosa che doni varietà e un po’ di brio al troppo nero del dramma. Come? …mi sovviene di due stupende lettere di Petrarca, una scritta al Doge Boccanegra, l’altra al Doge di Venezia, dicendo loro che stavano per intraprendere una lotta fratricida. Sublime questo sentimento di una patria italiana in quell’epoca! …dico per dire.” In realtà agiva, ed è chiaro che per lui era importante non tanto il lato affettivo di una intricata situazione familiare quanto un dramma politico. Così scriveva a Boito: “…si metta immediatamente al lavoro, io intanto guarderò a raddrizzare qua e là le gambe storte delle mie note.” Boito apportava importanti modifiche al libretto, Verdi in sei settimane trasformava l’opera con tagli, sostituzioni, inserimenti.

Dramma “cupo virile”, illuminato soltanto dal tremolare palpitante del mare all’Ingresso di Amelia e dall’invocazione del Doge, prima di morire, a pace e libertà. Nel marzo del 1881 la Scala celebrava il successo della seconda edizione del Simone, che tuttavia in Italia non riusciva ancora ad avere un cammino facile. La Scala in seguito ne ha proposto una tardiva ampia rivelazione con la produzione Abbado-Strehler del 1971. Quest’opera è certamente tra le più belle di Verdi. C’è chi dice anche la più intelligente.

Nell’incontro “Paternità ritrovata e perduta”, al pianoforte, parla di Simon Boccanegra Elisabetta Fava, ricercatrice in Musicologia presso l’Università degli Studi di Torino.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti
Supporto per l’ospitalità Brera Hotels


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