Mario Pirovano in scena con ‘Lu santo jullare Francesco’ al teatro Colognola di Bergamo per la rassegna ‘Teatro e cinema del sacro’

Mario Pirovano - Dario Fo

Si apre con ‘Lu Santo Jullare Francesco’, uno dei più celebri monologhi di Dario Fo portato in scena dal suo erede Mario Pirovano, la Rassegna ‘Teatro e Cinema del Sacro’, in programma al teatro Colognola di Bergamo da martedì prossimo, 3 ottobre, fino a giovedì 30 novembre.

Un monologo in cui prende vita un’intera serie di personaggi dell’Italia medievale: Papi e Cardinali, soldati sui campi di battaglia, contadini e venditori al mercato, monaci e cavapietre.

Per noi della Compagnia Teatrale Dario Fo e Franca Rame – commenta Pirovano – è un momento bellissimo che definirei quasi storico. Per la prima volta, infatti, un testo teatrale di Dario Fo e Franca Rame entra a far parte di una rassegna teatrale organizzata da una Diocesi, quella di Bergamo in questo caso. È un cammino, un dialogo, iniziato già all’indomani del debutto di questo spettacolo al Festival di Spoleto nel 1998”.

Fra le varie recensioni uscite in quei giorni – ricorda Mario Pirovano – una ci colpì più delle altre. Era quella fatta da un critico teatrale della rivista Civiltà Cattolica e per tutti noi fu una vera sorpresa. La critica era a dir poco benevola ed accattivante, a tratti entusiasta! Ora a distanza di 25 anni, ‘Lu santo Jullare Francesco’ entra a pieno titolo, in una rassegna Culturale e Teatrale organizzata della Diocesi di Bergamo. È una notizia che mi rende molto felice”.

IL TESTO  – Lavorando su leggende popolari, su testi canonici del Trecento e su documenti emersi negli ultimi cinquant’anni, Dario Fo ha elaborato un’immagine non agiografica di san Francesco che, oggi, Mario Pirovano ri-porta in scena con grande abilità: spogliato dal mito, emerge un personaggio provocatorio, coerente, coraggioso, ironico. Del resto era lo stesso Francesco a definirsi ‘jullare di Dio’ e questo proprio negli anni in cui l’imperatore Federico II promulgava un editto contro i ‘Joculatores’ considerandoli buffoni osceni.

La realtà storica e la tradizione popolare si intrecciano nel ripercorrere alcuni dei momenti più significativi della vita di Francesco: la richiesta di approvazione della Regola al Papa Innocenzo III, la predica agli uccelli, l’incontro con il lupo, la malattia agli occhi…

La rappresentazione si compone di 4 storie fra le più importanti della vita di Francesco. Il tutto giocato e raccontato con ironia e lazzi alla maniera dei giullari del medioevo, di cui santo era un esponente di primo piano e, non a caso, era soprannominato ‘Il Giullare di Dio’.

Nel primo episodio Francesco incontra il Lupo di Gubbio, sicuramente uno dei momenti più conosciuti della vita del Santo di Assisi. Nel 1200 gli animali rappresentavano molto bene il vivere quotidiano. Erano usati anche come allegoria per raccontare la vita degli uomini. Il lupo era simbolo di insaziabilità e ingordigia. Veniva anche associato all’oscurità della foresta, a quello che non si conosce, all’altro e al diverso.

Nel suo ‘viaggio’ Mario Pirovano conduce quindi gli spettatori a imbattersi in una delle storie meno conosciute della vita di Francesco: un episodio cancellato da tutte le cronache e ritrovato proprio da Dario Fo e Franca Rame in oltre 2 anni di ricerche. Si tratta de ‘La Concione di Bologna sulla Pace e la Guerra’. Una storia di grandissima attualità in cui è possibile conoscere la vera natura di Francesco. Nel 1222 il Santo, invitato a tenere un’orazione sulla guerra di nuovo esplosa contro gli Imolesi, si rivolge ai presenti con la classica ‘provocazione a rovescio’ dei giullari, cosicché esalta la guerra e condanna la pace. L’effetto è immediato, tanto che il popolo chiede a gran voce la pace che verrà firmata di lì a breve.

Il carattere dirompente della provocazione di Francesco risalta anche nella scena dell’incontro con il Papa (raccontato nel terzo episodio) quando chiede di ritornare al messaggio del Vangelo al di là di ogni ipocrisia; come pure quando decide di parlare al lupo dimostrando di non temere il diverso, il ‘nemico’.

L’ultimo episodio ripercorre la morte di Francesco. Ammalato, scacciato dai suoi fratelli, considerato pazzo, “vattene via mentecatto che tu sé”, gli gridano alcuni confratelli. Accompagnato da alcuni suoi fidati ed affezionatissimi fratelli, Francesco peregrina su e giù per le valli dell’Umbria e della Toscana per essere curato e riportato ad Assisi su sua precisa richiesta.

Insomma, la pace, la guerra, l’amore per la natura, lo spirito di fratellanza tra gli uomini, il dolore e la gioia, la ricchezza e l’umiltà. Temi di ieri e di oggi in uno spettacolo che diverte, commuove e provoca.

LA RASSEGNA – Il progetto culturale promosso dall’Ufficio per la Pastorale della Cultura della Diocesi di Bergamo e dagli Uffici del Vicariato pastorale e organizzato dagli Istituti Culturali Diocesani con la Fondazione Adriano Bernareggi e ACEC-SAS con il supporto specialistico di DeSidera vuole essere una ricognizione, per certi versi inaspettata e coraggiosa, del teatro e del cinema sulle domande profonde dell’uomo, e dunque sul suo insopprimibile anelito di senso e di salvezza e si traduce in un’appassionata e sincera messa in scena dei sentieri e delle forme attraverso cui oggi le persone cercano una parola di senso e di speranza per la propria vita. Una parola ‘sacra’, appunto.

Giunta alla sua quinta edizione, la rassegna torna ad accompagnare il pubblico nella ricerca di senso e nel cammino di fede, scandagliando il tema del “Sacro” attraverso i linguaggi del cinema e del teatro.