‘La Vita Davanti a Sé’ nell’interpretazione e regia di Silvio Orlando emoziona e commuove il pubblico al Franco Parenti di Milano

la vita davanti a sè

E’ in scena al Teatro Franco Parenti di Milano lo spettacolo “La vita davanti a sé”  con Silvio Orlando, che  ne cura anche la regia e sarà in replica fino al 4 novembre.

Per altre notizie sullo spettacolo, date, orari e prezzi vedi il nostro articolo di presentazione.

 LA RECENSIONE
Il sipario si apre sulle note di 4 musicisti illuminati da luci soffuse. Un quartetto d’eccezione: Daniele Mutino (fisarmonica), Roberto Napoletano (percussioni), Luca Sbardella (clarinetto e sax), Kaw Sissoko (kora e djembe), una ouverture che scalda dentro, prepara gli animi…

La vista è su un condominio della periferia francese; al sesto piano, la luce è accesa… lì si vive una bellissima storia d’amore. Non ci sono una Giulietta e un Romeo, adulti innamorati… Qui vivono Madame Rosa, ex prostituta di origini ebraiche, vecchia, corpulenta e stanca, e 7 bambini, “figli di puttana” (come si definiscono, in riferimento a uno stato e non a un giudizio); tra loro, c’è Mohamed: bambino arabo, che crede di avere 10 anni, fino a che non scopre di averne 14, orfano di madre e di padre sconosciuto.

Ecco la grande storia d’amore: Madame Rosa nutre nei confronti di questo ragazzetto un profondo sentimento materno, ritenuto “a pagamento” perché sostenuto da un vaglia che, per un tempo ha provveduto al piccolo Momò (soprannome con connotazione più familiare), ma che si rivelerà attento e protettivo, quasi possessivo all’arrivo del padre di Momò, che voleva salutare il figlio dopo 11 anni di ospedale psichiatrico per aver ucciso la mamma del bambino… “Non frequentare le persone malate di mente, sono contagiose” ripeteva, rivolgendosi addirittura al dottor  Katz per verificare che le stranezze di Mohamed non fossero patologiche. E di stranezze per attirare l’attenzione, il monello ne fa parecchie: dalla cacca sul pavimento, a piccoli furti nei negozi; riceve schiaffoni di correzione, vissuti come attenzioni e non come percosse; la dolcezza di una negoziante alla quale aveva rubato un uovo e che risponde con il dono di un secondo uovo, rimane quasi incompresa da un piccoletto abituato alla miseria. Oppure il desiderio di un piccolo cagnolino, amato follemente e, all’improvviso venduto a una ricca signora, per poi buttare il ricavato in un tombino. O ancora Arthur, l’ombrello con una palla al posto della testa, suo compagno di avventure e disavventure… O ancora la leonessa che vedeva entrare di notte e laccare i bambini, “perché gli incubi sono sogni che invecchiano e fanno paura”… che grande desiderio di protezione!!!

Tante persone interagiscono con Momò, dai vicini di casa come Madame Lola, ai negozianti, agli incontri casuali; il palcoscenico dovrebbe essere affollato da tutti loro, ma in realtà è totalmente occupato da un Silvio Orlando che in modo istrionico e superlativo interpreta tutti i personaggi: canta, fa passi di ballo, sussurra e urla; inveisce e sorride, piange, si chiude nel mutismo della timidezza ed esplode in dichiarazioni fortissime. Passano con lui ebrei, francesi e arabi, mantenendo ciascuno la propria identità. Il suo viso assume espressioni diverse, indossa maschere reali e fittizie, non smette di rivendicare frammenti di vita, sia essa ricca o vissuta ai margini di una società che ancora oggi appare tanto variegata quanto discriminante.

Ironizza sulla sorte di Mohamed, sulla vecchiaia di Madame Rosa e cerca interpretazioni personali ciniche e divertenti sugli episodi della quotidianità.

L’incipit, come in tutte le storie avrebbe potuto essere “C’erano una volta, una vecchia signora ebrea e un bambino di nome Mohamed”, ma in questo spettacolo si esprime un quadro storico sociale della Francia post Shoah (“Questo è Auschwitz” grida Madame Rosa), nel quale mondi paralleli, che nono si incontrano mai per definizione, entrano in contatto e sviluppano sinergie di vissuto comune. Silvio Orlando è un ponte dialogico; è un canale che porta alla luce i sentimenti di tutti, partecipando con tutto se stesso….Un capolavoro!

Il dramma nel dramma è segnato dalla morte di Madame Rosa, alla quale Momò riserva un trattamento speciale nel suo “cantuccio ebreo” in cantina, truccandola, profumandola e preparandola per il passaggio definitivo, con tanto di candele riaccese più volte per illuminare a festa il momento doloroso… 7 candele, come uno dei candelabri  ebraici (7 giorni della creazione e 7 pianeti) e di sottofondo il canto “Gam gam”, tratto dal Salmo 23 (“Anche se andassi nella valle oscura, non temerei alcun male…”) e legato allo Shabbat ebraico, il “giorno del riposo” e simbolo della Shoah.

La fine potrebbe davvero essere, come si conviene, “E vissero tutti felici e contenti…”, grazie all’incontro con la signora Nadine, che lo accoglierà nella casa in campagna, insieme ai suoi 2 figli biondi, perché ha ragione Hamil, il vecchio amico di strada “Non si può vivere senza qualcuno da amare”… Momò non promette nulla, si fermerà tenendo nel cuore Madame Rose, tra le mani il suo Ombrello Arthur e nei desideri la possibilità di “far andare il mondo all’indietro” come la gentile Naline gli ha fatto vedere.

Imperdibile, in ogni aspetto, compreso il fuori spettacolo di musica e canto, con un breve pezzo suonato da Orlando stesso e accompagnato dai 4 musicisti … emozione da vivere!!!