Concluso il minitour di ‘Anna, diario figlio della Shoah’, che ha emozionato il pubblico al Teatro Lirico di Milano

È chiudendo l’ultimo capito del minitour di Anna Frank, diario figlio della Shoah che apriamo invece la prima e unica ospitata dello spettacolo al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano. La sala teatrale  il 31 gennaio era completamente piena, con posti occupati sia da giovani ragazzi, probabilmente allievi o amanti di Musical, che da adulti fedeli all’arte dello spettacolo.

Altre notizie sullo spettacolo potete leggerle sul nostro articolo di presentazione.

Entrando in sala ci si chiedeva come avrebbe potuto svilupparsi, sulla scena, una storia tanto dolorosa quanto cruenta, un fatto realmente accaduto che socialmente parlando rappresenta l’irrazionale male assoluto, oggetto di tanti studi filosofici e di altrettante domande a cui forse, ancora oggi, non sono state date tutte le dovute risposte.

Il tour ha disegnato il periodo temporale della Memoria, venendo ospitato dal Teatro Fumagalli di Cantù (Co), dal Teatro Giacosa di Ivrea (To) e infine al Teatro Lirico Giorgio Gaber. Grosse le aspettative di fronte a un tema tanto delicato, alte le paure di render troppo favolistico qualcosa di terrificante, meraviglioso il fatto di aver dato ancora una volta vita alle parole di anna Frank e alla volontà di Otto, il padre, di rendere quei fatti conosciuti al mondo intero.

Stupende le coreografie di Tony Lofaro, di cui è anche la regia. Le danze hanno saputo dar vita ad un interessante ritmo scenico, parte esso stesso della drammaturgia, attraverso del teatrodanza di gruppo che ha donato al pubblico una vera comunicazione di emozioni visive. Interessante la scenografia, ibrida direi, ovvero un misto fra sfondi digitali e pannelli di interazione in grado di dare valore allo spazio e alle profondità sceniche delle situazioni.

Protagonisti Daniele Cauduro (Otto Frank), di cui abbiamo seguito la forte memoria sul testo e la giovanissima Cristina Pini, nei panni della nostra Anna, in un dolce ruolo pieno di purezza e tenerezza.

La storia ha ripercorso le sensazioni nate dalle pagine create dalla Frank, in un mutismo colmato dalle parole regalate dall’espressività della danza stessa e dai racconti preoccupati di Otto: i danzatori solisti si muovono, a tratti accompagnati da un ensemble di circa 20 elementi.

Di certo, per gli amanti del teatro emotivo e sentito, ci si sarebbe aspettati una forza impressiva molto più schiacciante e dura. Ciò che ci lascia l’esperienza è la bellezza di voler diffondere alle nuove generazioni un messaggio che mai dovrà esser dimenticato ma, allo stesso tempo, dobbiamo star attenti a non trasformare qualcosa di quasi “sacrale” in un tema troppo favolistico, cosa che potrebbe portare ad una sottovalutazione dei fatti e ad una superficialità nello sfogliare la storia di chi invece ha davvero sofferto.