Barbara D’Urso in Taxi a due Piazze al femminile, in scena al Teatro Nazionale di Milano e poi in tour

Lo show inizia ben prima dell’ingresso a teatro, quando si fa la conta e l’indovina-chi (“com’è che si chiama quello?”) dei personaggi tv, tanti collegati all’entourage di Canale 5, a partire da Maria Teresa Ruta, Vladimir Luxuria, Tonon, Samantha De Grenet e non solo: Enzo Miccio, Nina Zilli e chi più ne ha più ne metta. Sostanzialmente la prima platea era popolata da invitati d’eccezione, la restante platea da giornalisti. Mi scrollo da dosso i pregiudizi ed entro a sedermi sulla mia poltrona blu.

Per altre infornazioni sullo spettacolo, date orari e prezzi, vedi il nostro articolo di presentazione.

LA RECENSIONE
Partiamo con la premessa che lo spettacolo “Taxi a Due Piazze”  è la classica commedia degli equivoci, già portata in teatro per anni e anni in versione maschile con la compagnia di Johnny Dorelli e poi Proietti e poi da Gianluca Guidi: quindi non proprio facile il confro nto. Una versione femminile però è effettivamente una novità assoluta per questa rappresentazione che parte proprio dall’Italia per approdare anche in tutta Europa con differenti cast.

La presenza della conduttrice della rete ammiraglia del Biscione è imponente, nel senso che il suo personaggio forse sovrasta quello della protagonista “Giulia” della commedia, ma in fin dei conti ce lo potevamo aspettare. La sua interpretazione rimane credibile e piacevole e si capisce che anche se manca dal palcoscenico da quindici anni, è una che il pubblico se lo mangia a colazione. Nessun intoppo produce imbarazzo, nessun tentennamento negli errori imprevisti che possono accadere.

La protagonista assoluta in termini di notorietà e fama, almeno per il mondo Mediaset, è sicuramente Barbara D’Urso che non è solo l’attrice protagonista ma anche la direttrice artistica.

Di fatto, la pièce prende una connotazione specifica personificandosi ed empatizzando con il personaggio più che col pubblico, riportando in scena alcuni framework ricorrenti e iconici del programma pomeridiano da lei condotto, come ad esempio il sedersi con le gambe perfettamente a novanta gradi alzando un po’ la gonna o il congedare gli attori in scena con un televisivo “la ringrazio d’essere stato con noi”, che sicuramente non facevano parte della sceneggiatura originale. Forse è qui la nota stonata, perché se si fosse limitata ad essere l’attrice protagonista sarebbero risaltate meno alcune incoerenze di fondo.

È comprensibile che tradurre e rimodernare un testo targato 1983 è un’operazione complessa, però da una donna che dice di essere ambasciatrice di determinate tematiche di uguaglianza e inclusività ci si aspettava maggior sensibilità. Se infatti il primo atto è divertente e brillante, il secondo scivola su battute un po’ controtempo su lesbiche, travestiti e gay che forse fanno ridere solo Massimo Boldi, anch’esso presente. Eppure, il parterre invitato era molto eterogeneo, come elencato all’inizio. Diciamo che l’incoerenza del personaggio è visibile anche a teatro e purtroppo non puoi farne a meno di notarlo e di storcere un po’ il naso.

Tuttavia, il cast è eccezionale e come dice la protagonista stessa alla fine durante i saluti, “sono loro i veri attori”: tra tutti Franco Oppini, Gianpaolo Gambi e un’esilarante Rosalia Porcaro, che da sola fa metà dello spettacolo.

Se non fosse per la Barbara ingombrante, Maria Carmela D’Urso sarebbe anche una brava attrice: lo dico “col cuore”.