Le Supplici di Euripide al Carcano: uno spettacolo solenne, drammatico e attuale – Recensione

Il Teatro Carcano ospita “Supplici” di Euripide per la regia di Serena Sinigaglia, in scena fino al 19 febbraio con Francesca Ciocchetti, Matilde Facheris, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Giorgia Senesi, Sandra Zoccolan, Debora Zuin. Sette attrici, sette donne, sette mamme che in uno spettacolo corale riescono a regalare al pubblico un capolavoro di drammaticità che parla di attualità.

Per altre notizie sullo spettacolo, date orari e prezzi vedi il nostro articolo di presentazione.

Le sette donne, madri dei guerrieri argivi morti nel fallito assalto a Tebe, si riunisce presso l’altare di Demetra ad Eleusi per supplicare gli ateniesi di aiutarle a dare degna sepoltura ai figli, poiché i tebani negano la restituzione dei cadaveri. Il re ateniese Teseo decide di aiutarle, per non mostrare la sua debolezza al suo popolo. Il dialogo di tentato patteggiamento tra il re Teseo e l’ambasciatore del re di Tebe, Creonte, fulcro della tragedia, rivela una forte critica alla democrazia sotto le cui vesti si cela il populismo, svelando un’oligarchia fintamente truccata da democrazia.

Il testo di Euripide, tradotto da Maddalena Giovannelli e Nicola Fogazzi, curato nella drammaturgia da Gabriele Scotti, riecheggia dal V secolo a.C. e punta il riflettore sui giorni nostri. Un testo che, grazie alla competenza e lavoro di tutte le figure coinvolte, viene reinterpretato con gli occhi di oggi leggendo il nostro mondo con gli occhi di allora. I dialoghi di cui l’opera è ricca, grazie alla scelta della gestualità e delle parole, sorprendono per quanto attuali appaiono, a tal punto da rievocare alla mente gesti e promesse di politici contemporanei.

Le luci come riflettori e i microfoni raccolti in cerchio sul palco, aumentano tale percezione.  Un’impressione sicuramente ricercata e voluta dalla regia che rende le Supplici contemporanee ed eterne.


La scenografia si concentra, invece, su un tema molto caro ai nostri giorni, la natura come vittima delle vittime. A causa del rito interrotto, la terra appare spoglia, priva di acqua, arida e secca. Un tronco mozzo è al centro della scena, simbolo di una terra muta che assiste e resiste ai conflitti e ai disastri che il genere umano perpetua nei secoli. La natura, insieme alle donne, sono i testimoni di questi scempi.

Le sette donne, in lutto vestite, rappresentano le madri, le mogli, le sorelle che sopravvivono alla morte dei loro cari. Il loro canto corale si innalza dal palco in un unico grido di pietà e di supplizio.

L’interpretazione magistrale dona un senso di sacralità allo spettacolo. Un regalo di teatralità che non può non essere accolto con un fragore di applausi.