‘Chi Come Me’: lo spettacolo che racconta profondamente il disagio giovanile, in scena al Franco Parenti fino al 4 maggio

Il titolo “Chi Come Me” già suggerisce una profondità e una complessità che si riflettono nel cuore dello spettacolo. Firmato da Andrée Ruth Shammah e adattato dal testo di Roy Chen, questo lavoro teatrale porta in scena la vita di cinque adolescenti ospiti di un centro di salute mentale.

È un viaggio emozionale che tocca le corde più intime dello spettatore, e la nuova sala A2a, inaugurata appositamente per questa rappresentazione, si configura come un’arena dove chi guarda è sullo stesso piano di chi recita, rendendo l’esperienza teatrale ancora più coinvolgente.

Per altre notizie sullo spettacolo, date, orari e prezzi, vedi il nostro articolo di presentazione.

Grazie alla visione registica di Andrée Ruth Shammah, i letti che ospitano i cinque ragazzi sono disposti ai quattro lati della sala, due in basso e tre più in alto. Questa disposizione non è casuale: trasforma lo spettacolo in un’esperienza intima, dove il pubblico è circondato dalla storia e dai sentimenti dei protagonisti e le vibrazioni emotive generate dalla recitazione raggiugono, con prepotenza, il cuore di ogni spettatore, che in alcune scene mantiene il fiato sospesso per non interrompere la magia che si crea.

I cinque giovanissimi attori, veri e propri talenti emergenti, danno vita ai personaggi con una maestria sorprendente. Samuele Poma interpreta Barak, Federico Di Giacomo è Emanuel, Chiara Ferrara è Alma, Amy Boda è Tamara/Tom, e Alia Stegani interpreta Ester. Ognuno di loro porta sul palco, rendendole tangibili, le sfide e le emozioni dei loro personaggi, tutti affetti da diverse patologie mentali. Non c’è un attore migliore degli altri, sono tutti eccezionali e convincenti nel dar voce e corpo a queste vite complesse, trasmettendo al pubblico un’esperienza profonda che va al di là della semplice rappresentazione teatrale.

Andrée Ruth Shammah con la sua regia (che dice sarà l’ultima), conduce lo spettatore oltre la dimensione teatrale, toccando temi di attualità e rilevanza sociale. Il disagio psicologico, che può manifestarsi in modi diversi e non sempre evidenti, è una realtà vicina a tutti noi. In un’epoca frenetica e iperconnessa, con lo spasmodico bisogni di apparire anzichè essere, i problemi mentali sono più diffusi che mai. Questo spettacolo mette in luce la diversità che ci caratterizza, ricordandoci che da vicino nessuno è “normale”.

Accanto ai giovani attori, troviamo anche attori adulti, professionisti affermati che interpretano i ruoli che interagiscono con i ragazzi: Paolo Briguglia è il medico che rappresenta la scienza e la medicina, mentre Elena Lietti è l’insegnante di teatro che opera nel reparrto ospedaliero, convinta della funzione terapeutica della recitazione. Inizialmente non si comprende chiaramente, ma man mano diventa sempre più evidente come questo ruolo sia determinate per il recupero dei ragazzi bisognosi di tornante nella famiglie e quindi nella società.

Questi personaggi non solo aggiungono profondità alla trama, ma evidenziano anche i ruoli dei genitori dei ragazzi in osservazione, interpretati da Pietro Micci e Sara Bertelà, descrivendoli in maniera sorprendentemente realistica con la loro recitazione efficace. Infatti vengono messi in scena i loro fallimenti, le loro difficoltà nel comprendere e gestire i figli. Essendo cinque ragazzi i genitori sono molti di più, anche se alcuni sono solo nominati e non si vedono in scena. Diversi sono i cambi d’abito, alcuni dei quali, quando i dialoghi diventano frenetici, avvengono direttamente in scena,  quasi a sdoppiarsi e quindi vediamo addirittura i due personaggi indossare, contenoporaneanmente, due costumi (uno per lato).

Queste coppie di gentitori riflettono il caos e la confusione che spesso caratterizzano il ruolo genitoriale e sono anche profondamente toccanti,  a tratti ironici, mostrando in modo neanche troppo velato, come i comportamenti dei genitori possano influenzare profondamente i figli, sui quali, erroneamente riversano i loro bisogni, i loro sogni, anzichè l’amore e lo stimolo necessario per dare una direzione ad affontare la vita, come dice Kalil Gibran nel suo libro.



“Chi Come Me”
dunque non è solo uno spettacolo teatrale, ma un’opera che tocca le corde più profonde della società contemporanea. Parla di disagio giovanile, di diversità, e di come ognuno di noi sia chiamato a fare i conti con le proprie fragilità e quelle degli altri. È un’esperienza che porta il pubblico a riflettere sulle relazioni familiari, sulla salute mentale e sull’importanza di ascoltare e comprendere le persone che ci circondano.

Curtain call –  replica del 18 aprile 2024


Con una regia coinvolgente e un cast straordinario, “Chi Come Me” si afferma come un’opera imperdibile che lascia il segno nel cuore di chi ha la fortuna di vederla e vi consigliamo di non poerderla.

Avete tempo fino al 4 maggio!